Saggio sulla cecità
FEDERICA LANDI, EMERIC LHUISSET, ANA CATARINA PINHO
Mostra a cura di Daniele De Luigi
“Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo.
Ciechi che vedono. Ciechi che, pur vedendo, non vedono”
José Saramago
A partire dal romanzo Cecità e dalla sua metafora della società contemporanea, la mostra è una riflessione a tre voci sul Mediterraneo e sul ruolo e i limiti dell’immagine come strumento per capire il fenomeno dell’immigrazione. Gli artisti ci parlano qui della difficoltà di vedere in modo autentico attraverso le immagini e di trattenere ciò che vediamo trasformandolo in conoscenza.
Nelle loro opere, nate dall’incontro con rifugiati e le loro storie, il loro volto ci viene negato per evitare facili scorciatoie emotive e chiamarci invece a una partecipazione razionale, inducendo a considerare differenti modi in cui la nostra vista può allontanarci dalla realtà delle cose e delle persone. Vedere non è infatti un atto individuale, è una relazione. Senza relazioni, consumiamo immagini senza vederle.
La selezione degli artisti è stata curata da Daniele De Luigi, curatore di Giovane Fotografia Italiana, Ângela Ferreira, già direttrice artistica di Encontros da Imagem (Braga, Portogallo), Carine Dolek, curatrice di Circulation(s). Festival de la jeune photographie europeènne (Parigi, Francia).
Mediterranea Youth Photo è un progetto internazionale di residenze artistiche svolte nel 2016 da Federica Landi (Italia), Emeric Lhuisset (Francia) e Ana Catarina Pinho (Portogallo) tra Reggio Emilia, Parigi e Braga al fine di realizzare un progetto comune sul tema del Mediterraneo, e presentato in anteprima nel 2017 a Tirana per la 18ª Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo.
Promosso dal Comune di Reggio Emilia in collaborazione con BJCEM. Biennale des jeunes créateurs de l’Europe et de la Méditerranée, Circulation(s). Festival de la jeune photographie europeènne, Encontros da Imagem.
Federica Landi
THE DEATH OF TIRESIAS
“Le immagini sono fondamentali ma non sono innocenti. Ogni singola immagine là fuori nel mondo rappresenta una concezione del mondo stesso”, come avrebbe affermato Alfredo Jaar.
Ho iniziato a percepire le immagini come un ostacolo alla nostra visione, come se producessero una polvere che ostruisce la nostra capacità di concentrazione, lasciando spazio a una nuova forma di cecità. Riusciremo mai a cogliere l’essenza di un evento? A capire meglio le motivazioni e l’esperienza di un immigrato? E, ancora più importante: la nostra vista potrà mai connetterci con qualche forma di verità dei fatti?
Partendo da queste considerazioni ho indagato i concetti di visione, ostruzione, cecità e scomparsa. Ho lavorato con il gruppo di ragazze africane che sono state respinte dagli abitanti delle città di Goro e Gorino nel 2016, e che hanno subìto un travolgente circo mediatico.
L’installazione consiste in sei dispositivi fatti di ritratti fotografici, luci e superfici specchianti. I ritratti delle ragazze sono esposti in modo in che il pubblico non possa mai guardarli direttamente poiché una forte fonte di luce colpisce i loro occhi ostruendone la vista. L’unica possibilità per il pubblico di vivere pienamente i ritratti è osservarne il riflesso sulla superficie grigia riflettente che sta di fronte a loro.
Emeric Lhuisset
L’AUTRE RIVE
“Avendo lavorato in numerose zone di guerra, molti degli amici che ho incontrato in Iraq, Siria o Afghanistan sono ora sulla rotta dei rifugiati… Alcuni arrivarono in Europa alcuni anni fa, altri non arrivarono mai e svanirono in mare. Seguo il loro viaggio attraverso i messaggi che ci scambiamo regolarmente.
Ricordo anche le storie che mia nonna era solita raccontare quando ero più giovane, del suo viaggio in Nord Africa, della sua partenza da un’Europa in guerra…”.
Oggi l’Europa, che è sempre stata una terra di scambi etnici e culturali, sembra colpita da un’amnesia.
Emeric Lhuisset sceglie di partire da immagini appartenenti al campo delle notizie e dello spettacolo: immagini impersonali, troppo spesso usate per giustificare discorsi populisti. Lhuisset decide di incontrare i suoi amici rifugiati in tutta Europa e di fotografare la loro vita quotidiana. Queste fotografie sono stampate su cianotipo senza fissativo. Evolvono per tutta la durata della mostra, e alla fine diventeranno monocromi blu … il blu di questo mare in cui tanti svaniscono, e il blu dell’Europa.
Ana Catarina Pinho
THE MIDDLE SEA
Il territorio del Mediterraneo è diventato probabilmente il luogo più importante di interazione tra società diverse e ha avuto un ruolo nella storia della civiltà umana, che ha superato di gran lunga qualsiasi altra distesa di mare.
The Middle Sea è un’installazione visiva che invita gli spettatori a riflettere sulla crisi migratoria globale e sulle aspettative legate al raggiungimento dell’Europa. La questione è rappresentata in questo progetto da due elementi interattivi. Dall’installazione video alla documentazione delle testimonianze di viaggio dei migranti, per i quali l’attraversamento del mare è un’esperienza comune, questo lavoro affronta le tensioni tra territorio e conflitti politici.