Tema di Giovane Fotografia Italiana #10| Premio Luigi Ghirri 2023
La cultura visiva e l’immagine fotografica possono farci reimmaginare il concetto di identità e aprire la prospettiva a nuovi modi di intendere l’appartenenza?
Il senso di appartenenza è un bisogno fondamentale dell’essere umano in quanto “animale sociale”, secondo la celebre definizione di Aristotele: si tratta di un istinto connaturato, il cui contrario sarebbe l’assenza di qualunque tipo di legame. Tuttavia, molti fenomeni nel corso dell’ultima generazione (dalla rivoluzione digitale e delle telecomunicazioni alle migrazioni, fino ai progressi della scienza) hanno messo in discussione le strutture sociali e relazionali a cui eravamo abituati. Oggi è più che mai evidente la tensione tra diversi modi di intendere l’appartenenza: da una parte l’inclusione in una comunità dall’identità già definita, che a seconda dei contesti può essere forma di oppressione o di resistenza; dall’altra una spinta libertaria ad aderire a nuove forme di collettività sulla base di scelte valoriali: dalle microcomunità come nucleo di possibili “utopie realizzabili”, alla costruzione di aree culturali più vaste – come la stessa Europa -, fino a nuovi concetti globali come l’appartenenza di specie teorizzata da Martha Nussbaum o quella olistica alla Natura; senza contare le relazioni di appartenenza che investono la sfera più intima.
La fotografia e la cultura visiva hanno contribuito in maniera significativa, giocando tuttora un ruolo importante, a formare le nostre idee di identità e di appartenenza, a definire chi è dentro e chi resta fuori. Lo scrittore indiano Amitav Ghosh da anni è impegnato a suggerire un cambio di paradigma, mettendo al centro delle proprie narrazioni tutto ciò che normalmente è lasciato fuori, tessendo storie che partono dal punto di vista della natura – le spezie, le piante, gli animali, i vulcani – e dei suoi profondi conoscitori, come gli sciamani, per ricordarci che è solo attraverso una contro narrazione che è possibile ritrovare un equilibrio tra le parti.
La cultura visiva può allora farci reimmaginare il concetto di identità? Mostrarci cosa succede nello spazio sottile tra l’appartenere e l’avere accesso, e in quello ampio e instabile tra determinismo sociale e libertà individuale? L’aggregazione di diverse tipologie di immagini – scattate con dispositivi tradizionali, generate dagli utenti o dalle macchine e poi eventualmente condivise sui social network – che caratterizza la contemporaneità può essere in grado di generare un cambio nella visione, scardinando la narrazione ufficiale, aprendo la prospettiva verso nuovi modi di intendere l’appartenenza ad un sistema più vasto e complesso?
(Ilaria Campioli, Daniele De Luigi)