The Shape of Our Eyes, Other Things I Wouldn’t Know

Per molto tempo, ho visto mio padre come un estraneo: una persona con cui non sapevo come parlare o passare del tempo. Qualche anno fa, ho scoperto della morte prematura di mio nonno, quando mio padre stava diventando maggiorenne, e di come, a causa di quella perdita, fosse stato costretto a seguire lo stesso percorso professionale. Mi sono reso conto che l’assenza di un modello paterno tradizionale era qualcosa che sia io che lui avevamo in comune. Nel tentativo di creare un legame con lui, ho visitato il suo posto di lavoro e l’ho invitato nel mio.

The Shape of Our Eyes, Other Things I Wouldn’t Know prende forma in una serie di tentativi di avvicinarsi a mio padre, sia fisicamente che emotivamente. L’aeroporto e lo studio fotografico diventano gli sfondi dei nostri incontri, mentre la fotografia serve come strumento chiave per esplorare il nostro rapporto in un continuo scambio di ruoli. Il progetto combina azioni collaborative documentate fotograficamente, ritratti e materiale d’archivio, riuniti in undici tentativi di raccontare un’esplorazione che diventa reciproca.

Collettivamente, queste immagini servono come prova tangibile della nostra relazione, catturando sia la distanza che il bisogno di connessione.

The Shape of Our Eyes, Other Things I Wouldn’t Know apre questioni legate alla vulnerabilità, cerca di mettere in discussione norme socialmente consolidate e mira ad attivare un dialogo sul trauma intergenerazionale, andando oltre l’esperienza individuale.

Progetto presentato in Giovane Fotografia Italiana #12 | UNIRE / BRIDGING


BIO

Davide Sartori
(1995)

Ph © Sophie Leyendecker

Davide Sartori (1995) è un fotografo italiano che attualmente vive nei Paesi Bassi. Nel 2024 si è laureato in fotografia alla Royal Academy of Art dell’Aia.

Nel suo lavoro l’osservatore viene sfidato a mettere in discussione la veridicità di una fotografia. Materiale d’archivio, fotografia documentaria e immagini costruite si intrecciano. Il medium fotografico funziona come strumento per confrontarsi con più realtà contemporaneamente. Ispirato dalle sue esperienze di vita, il suo lavoro riflette un profondo interesse per il comportamento umano, il passare del tempo e le tracce che le persone si lasciano dietro. La sua ricerca fotografica è basata sull’interazione tra presenza e assenza, esaminando il modo in cui la fotografia può catturare e influenzare i ricordi personali e collettivi.

Nel novembre 2024 gli è stato assegnato il premio del pubblico per lo Steenbergen Stipendium del Nederlands Fotomuseum a Rotterdam.