Giovane Fotografia Italiana – Interviste #08 Martina Zanin con I Made Them Run Away
Martina Zanin presenta a Giovane Fotografia Italiana #08 I Made Them Run Away, una narrativa a più livelli all’interno della quale gli spazi di narrazione e le percezioni si intrecciano.
Ciao Martina, raccontaci del tuo progetto che hai deciso di portare a Giovane Fotografia Italiana; come è nata l’idea?
“Una sera tornai a casa molto entusiasta. Dopo aver cenato da mia nonna, salii al piano di sopra dove abitavamo io e mia madre con l’intenzione di andare a dormire. Appena entrai vidi mia madre e un uomo seduti sul divano a guardare la televisione. Felice di incontrare qualcuno di nuovo, cominciai a ballare e cantare di fronte alla tv per circa 10 minuti, finché l’uomo non interruppe la mia performance dicendo “Si è fatta una certa ora, è meglio che vada.”. Una volta salutato l’uomo mia madre tornò in casa e mi disse “Com’è possibile che li fai sempre scappare tutti?”.”
Il lavoro è iniziato dal desiderio di individuare l’origine del mio rapporto complicato con gli uomini e la percezione, spesso distorta, che ho di essi. Non è stato naturale arrivare al punto, è successo che una notte, durante un’uscita fra amici, una mia amica mi chiese “Martina, cosa ti hanno fatto gli uomini?”. Quella domanda mi fece pensare molto, e da quel pensiero si sviluppò una ricerca sulle relazioni passate di mia madre. Durante la mia infanzia, ho conosciuto e vissuto con molti uomini diversi, quelli con cui mia madre usciva, i suoi fidanzati, o mariti. All’inizio questi uomini si presentavano molto dolci e gentili, ma dopo poco tempo il loro comportamento mutava e si rivelavano per ciò che erano. Quello che volevano era chiaro, di certo la famiglia non faceva parte dei loro interessi.
In che modo si è concretizzato I made Them run Away?
“Il progetto è partito dalle fotografie strappate custodite negli album fotografici di famiglia e dal diario “Lettere ad un Uomo Mai Avuto”. Lo scrisse mia madre tra il 2003 e il 2005, era indirizzato ad un ideale di uomo che non è mai riuscita a trovare. Gli scritti poetici, si scontrano con le fotografie di famiglia strappate, delle quali mia madre ha conservato solamente la sua figura, o la mia, creando degli oggetti saturi di rabbia e solitudine. Ogni altra foto è la mia ricostruzione interiore e l’espressione dei sentimenti passati che vengono a galla nel presente, cercando di evocare alcune delle sensazioni ricorrenti.
Il progetto si è trasformato in una composizione frammentata tra passato e presente, tra me e mia madre e i nostri punti di vista sullo stesso vissuto. Più a fondo, I Made Them Run Away, parla di amore; della figura della madre, che come la Dea Madre, ha una natura ambivalente di “madre amorevole” e “madre terribile”. Ragiona sulle dinamiche delle relazioni e sulla transizione da un sentimento all’altro (da amore a odio). Ragiona poi sull’influenza del passato nel presente, come la memoria abbia un ruolo fondamentale nelle relazioni presenti e future.”
Come hai affrontato i mesi di lockdown? Hai sviluppato o pensato qualche progetto a proposito?
“Qualche mese prima del lockdown avevo viaggiato per sviluppare parte di un progetto che sto portando avanti da un po’ di tempo, intitolato May My Two Again Become One. Quindi ho passato il periodo di lockdown a lavorare all’editing, e a studiare ed approfondire i temi principali che tratto in questo progetto. Tra questi l’astrologia, le coincidenze e il “doppio”, attraverso la lettura, la visione di alcuni film e la ricerca online. Inoltre, per passione personale, ho passato molto tempo ad osservare una coppia di Falchi Pellegrini durante la cova e schiusa delle uova, attraverso il live streaming del Palazzo Pirelli di Milano. Quasi al termine del lockdown, grazie al Comune di Reggio Emilia e Giovane Fotografia Italiana, ho partecipato assieme ad altri bravissimi artisti, all’iniziativa Spazio Libero, creando la serie “Take Care”. Si tratta di una riflessione sul legame tra uomo e natura in cui la bellezza diventa progressivamente provocazione.”
Raccontaci della tua esperienza al festival di Barcellona
“La possibilità di inaugurare un Festival in un periodo complicato come questo è veramente preziosa. Ho avuto la fortuna di poter aprire la mostra di I Made Them Run Away e soprattutto di poterla montare, visitare e presentare di persona. Coincidenza ha voluto inoltre che io fossi in fase di trasferimento a Barcellona proprio nel momento in cui mi è arrivata la notizia della selezione del progetto all’interno del Festival Panoràmic.
Ringrazio infinitamente Giovane Fotografia Italiana e Panoràmic per avermi offerto questa opportunità, che mi ha portata poi a pensare e ripensare al progetto e a riproporlo sotto un’altra veste. I Made Them Run Away è nato nel formato fotolibro, e per questa esposizione avevo voglia di mostrare parti del lavoro che prima d’ora non avevo avuto la possibilità di esporre. Ho creato delle composizioni di fotografie, materiale d’archivio e testo, intitolate “Boxes”. Come le “scatole dei ricordi” custodiscono oggetti, fotografie, o altri ricordi del passato. Quasi delle poesie visive, in cui gli elementi creano connessioni fra loro, si supportano e rafforzano il messaggio. In alternanza alle “Boxes”, si aggiungono le fotografie di formato più grande, forzando il fruitore a muoversi avanti e indietro rispetto alla parete.”
Progetti passati che hanno segnato in qualche modo il tuo percorso?
“Quello che definirei il mio primo progetto fotografico è Rinnegato. È stato il primo lavoro che ho sviluppato senza saper bene ciò che stessi facendo. Mi ha poi portata a voler approfondire i miei studi fotografici con un Master in Fotografia Contemporanea, e a sua volta mi ha spinta verso la creazione di I Made Them Run Away.
Rinnegato è un progetto autobiografico con il quale cerco di rappresentare la relazione complicata, a tratti inesistente con mio padre. Come i suoi insegnamenti e critiche abbiano innescato dentro di me dei meccanismi mentali nocivi, oppure sentimenti come senso di colpa e vergogna. Rappresentato attraverso immagini metaforiche, con l’utilizzo di elementi estrapolati dei miei ricordi con lui. Il rapporto con mio padre è ricorrente e con Rinnegato sento di non essere riuscita ad esprimerlo a pieno in tutte le sue sfumature. Era più uno sfogo temporaneo, un lavoro molto criptico.
Nel 2017, ho avuto poi l’idea di volerlo affrontare nuovamente con un approccio diverso, sempre attraverso una metafora, però questa volta del falco con la sua preda. A poco a poco sto portando avanti questo lavoro (Please, Don’t Ever Come Down), al quale non mi sto ancora dedicando totalmente. Ho in ballo ancora i progetti precedenti: I Made Them Run Away e May My Two Again Become One, che ancora non hanno raggiunto il termine e non hanno potuto confluire nel formato pensato del fotolibro. Spero con I Made Them Run Away di poterlo finalmente raggiungere l’anno prossimo.
Progetti futuri?
Proprio qualche giorno fa ho scoperto di essere tra i vincitori della call Cantica21, indetta da MiBACT e MAECI. Promuove e valorizza l’arte contemporanea italiana, sostienela produzione di opere di artisti emergenti o già affermati, ed espone negli Istituti Italiani di Cultura, nelle Ambasciate e nei Consolati. La mia opera sarà all’interno della collezione permanente di Fondazione Modena Arti Visive – Collezione Galleria Civica.
Tra i progetti futuri, quindi, c’è la produzione di quest’opera multimediale intitolata “Older Than Love” (nata dalla ricerca per il progetto Please, don’t ever come down) ed è composta da fotografia, materiale d’archivio, video, e suono. L’opera prende come punto di partenza il rapporto con mio padre, sviluppandolo attraverso la metafora del falco e la sua preda. Vi è un parallelismo tra l’aggressività animale e quella umana affrontando il tema dell’aggressività e i sotto-temi associati, come, la paura, la rabbia e l’amore, sottolineando come in ogni legame di attaccamento è insito un elemento di aggressività.
SITO WEB MARTINA ZANIN
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