Giulia Parlato presenta a Giovane Fotografia Italiana #09 Diachronicles , un progetto sulle declinazioni della narrazione archeologica

Immagine © Giulia Parlato
© Giulia Parlato

Ciao Giulia, ci spiegheresti la relazione tra il tuo progetto e il tema “Possibile” della mostra GFI#09 ?

Diachronicles si presenta come un archivio fotografico di prove ed indizi in cui sembra che le immagini invitino a risolvere un mistero o a ricostruire una storia. Eppure, l’intero progetto è un falso che gioca sui preconcetti della storia occidentale. Ho realizzato questo lavoro, sottraendo informazioni anziché aggiungendone.

La finalità principale è quella di mostrare come l’archeologia, il museo e la fotografia plasmino la nostra idea di passato e di cultura collettiva. E’ quindi un lavoro che parla di assenza di memoria, di resti, di reinterpretazioni, di omissioni e di tutto ciò che è possibile sia avvenuto.

Un progetto molto articolato che non è circoscritto all’ambiente museale ma che spazia in diversi fronti, approfondendosi sempre di più, è così?

Sì, Diachronicles è stato realizzato principalmente in Sicilia ed in parte in studio a Londra, coinvolgendo diverse istituzioni tra cui la soprintendenza di beni culturali e ambientali di Palermo, il Museo archeologico regionale A. Salinas, il Museo di Zoologia Doderlein, la Biblioteca Centrale della Regione Siciliana, l’Oratorio di San Lorenzo e molti altri.

Osservare, studiare ed imparare dalle persone che ho incontrato attraverso il progetto, è stata la fase più ricca ed interessante.

Chi e cosa ti ha influenzato maggiormente in questa ricerca, sia a livello di studi che di esperienze?

Sicuramente Aby Warburg e Georges Didi-Huberman. I musei di storia ed i loro archivi fotografici, la Sicilia (luogo in cui sono cresciuta) con suoi siti archeologi e poi il cinema e tutte le storie che raccontano di sparizioni.


SITO WEB GIULIA PARLATO

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