Marcello Coslovi presenta a Giovane Fotografia Italiana #09 The Wrong Side Of The Tracks

Una riflessione che nasce da una zona e una comunità specifiche di Modena ma ci è più vicina di quanto crederemmo.

© Marcello Coslovi

Ciao Marcello, raccontaci del tuo progetto. In che misura The Wrong Side Of The Tracks e la tua pratica fotografica si relazionano al tema della mostra “Possibile”?

“The wrong side of the tracks” nasce dall’urgenza di mettere in luce una situazione a noi familiare ma che tentiamo di ignorare.

“Possibile”, declinato nel mio progetto, può assumere una duplice valenza: da una parte, è una esortazione alla comunità ghanese a resistere, perché è possibile che le cose cambino e migliorino; dall’altra, è un invito ai miei concittadini, e non solo, a non rimanere indifferenti, poiché “possibile”, nella sua più diffusa accezione – ciò che si può realizzare, che può essere fatto o attuato – implica l’impegno a fare qualcosa, affinché un effettivo cambiamento si realizzi.

Il medium fotografico, nella mia pratica, rende possibile stabilire relazioni con individui di gruppi  di cui non faccio parte e così superare quel muro invisibile che ostacola i rapporti tra le persone.  

Per me, con la fotografia tutto è possibile: è possibile anticipare ciò che ancora non è completamente visibile nel mondo.

In che modo la tua esperienza e i tuoi studi hanno influito sulla nascita di questo progetto? Alla luce di ciò, quali riflessioni ti piacerebbe suscitare nello spettatore?

Fin dall’Università ho maturato un forte interesse per tematiche legate ai diritti umani e alle ingiustizie sociali. In particolare, mi sono concentrato sulla segregazione razziale negli Stati Uniti d’America tanto che, nell’estate precedente alla nascita del progetto, ho ripercorso le tappe fondamentali delle campagne di Martin Luther King Jr in un viaggio attraverso gli Stati del Sud, ancora impregnati di problemi razziali.

Proprio in questa occasione ho scoperto l’espressione “The wrong side of the tracks”, da cui il titolo del mio progetto, nato dalla riflessione sulla mia città, Modena. 

Ne è derivata la conferma che razzismo e segregazione non sono fenomeni estranei alla nostra società ma che si presentano, forse con forme simili, a quelli statunitensi. 

Anche a Modena, infatti, la ferrovia, come una sorta di confine, delimita la “parte sbagliata” della città stessa. 

Tutto sembra “funzionale” vicino a noi, ma la realtà è che nelle nostre città esistono situazioni inattese, molto meno funzionali, di cui vorrei che tutti prendessero coscienza e su cui riflettessimo.

Il tuo progetto nasce anche da unesigenza, pensi che sarà lo stesso per i tuoi progetti futuri?

Penso fermamente che l’arte nasca da una necessità dell’autore e questo naturalmente vale per me adesso e anche per i miei progetti futuri. È dal bisogno di lavorare su qualcosa che l’artista trae la linfa per portare avanti i suoi lavori. 

Mi piace pensare che i miei progetti facciano riflettere su questioni che, nella quotidianità, sono tralasciate dalla maggioranza delle persone. Questa, d’altra parte, è, a mio avviso, la funzione dell’arte: far uscire dall’abitudinarietà per andare oltre. 


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