LA PREGUNTA DE SUS OJOS
La pregunta de sus ojos nasce da un’idea di fotografia come “iscrizione fantomatica”; legata a una fascinazione per le immagini acheropite – dal greco “non fatto da mano umana” – sacre icone che esistono come conseguenza di una presunta manifestazione divina.
Impresse direttamente su un supporto, esse anticipano la fotografia come immagine tecnica.
Claudia Petraroli indaga la credenza che riguarda le pupille di Nostra Signora di Guadalupe in Messico.
Analizzandole con un software 3D si ottengono delle superfici che ricordano paesaggi ancestrali.
Il processo informatico simula ciò che avviene con il riflesso delle immagini sulla pupilla, in cui si produce un analogon. Qui è invece utilizzato per operare una trasformazione e realizzare degli oggetti ulteriori che sembrano uscire da un segreto. Passando attraverso la dimensione simbolica si ottiene un’impronta tangibile materializzata nello spazio.
Nascono così due sculture tecnologiche, vere e proprie reliquie: il calco di un evento soprannaturale che utilizza l’automatismo di un software come agente rivelatore.
Progetto presentato in Giovane Fotografia Italiana #05 | LOOP
BIO
CLAUDIA PETRAROLI
(Teramo, 1987)
Nata a Teramo nel 1987, studia storia dell’Arte all’Università La Sapienza di Roma e successivamente si iscrive al biennio di fotografia all’Accademia di Brera di Milano.
Nel 2017 partecipa con il progetto La pregunta de sus ojos al programma di residenza LIVEstudio3, promosso dalla galleria Metronom di Modena, presentato lo stesso anno a Giovane Fotografia Italiana #5 a Reggio Emilia.
L’anno dopo l’opera entra a far parte della Collezione Donata Pizzi, che raccoglie il lavoro di artiste e fotografe italiane dagli anni Sessanta ad oggi.
La sua ricerca si sofferma sulla soglia esistente tra l’oggetto e la sua emanazione. Indagando la relazione tra umano e non umano, indagando l’agency sia effettiva che virtuale dell’oggetto.
Influenzata dal Realismo Speculativo, teoria queer e antropologia, la sua riflessione prende impulso dall’osservazione del dato reale e della sfera connessa al consumo di massa, alla produzione di soggettività e ai rituali religiosi.
Attraverso l’impiego di diversi media tra cui la fotografia, la scultura e l’installazione, opera una traduzione formale e visiva delle caratteristiche dei vari elementi, rinegoziandone la funzione.
Gli oggetti, riposizionati in questo ambiguo e strano milieu, mutano il proprio stato ontologico, pur mantenendo i riferimenti originari. In tal senso, l’oggettualità dell’opera diventa uno strumento per mettere in discussione la centralità del soggetto e rinegoziare i termini che definiscono la nostra presenza nel mondo.